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Τρίτη 13 Αυγούστου 2019

Otranto 1480. 13 e 14 Agosto, il Martirio degli 800 innocenti sotto la violenza dell' islam. ~ Ότραντο 13 και 14 Αυγούστου του 1480, το Μαρτύριο των 800ων κατοίκων από τους αγαρηνούς ...

~ Otranto 1480. 13 e 14 Agosto, il Martirio degli 800 innocenti sotto la violenza dell' islam.

~ Ότραντο 13 και 14 Αυγούστου του 1480, το Μαρτύριο των 800ων κατοίκων από τους αγαρηνούς  ...

Dalle cronache dell'epoca....
E' il 13 Agosto. Otranto è un mucchio di rovine, una tomba. Il Pascià ordinò che cessasse l'occisione e che si facessero schiavi. Rapida come il baleno, si sparge la notizia e, fulmineamente, vengono rastrellati tutti gli uomini. Sono oltre 800.
Il Pascià con l'aiuto di un interprete incominciò a persuadere et esortare che si volessero far Turchi e rinnegar Cristo, perché l'avria dato le loro mogli e figlioli e l'avria lasciati nella Città liberi e che avessero servito il Signore (Sultano) e che quando questo non volessero gli avria fatti ammazzare. Così persuadeva e così esortava il loro Coggia (Hotzas), come chiamano il loro Maestro, che così si doveva agire per aver fatto resistenza al Sultano non consegnando la città. L'interprete era un Calabrese, il quale era stato un tempo un prete cristiano e si chiamava, prima della sua apostasia, Don Giovanni Moplesi.
E' l'ultimatum: "O la vita col Corano, o la morte col Vangelo". Ed ecco farsi innanzi, con passo sicuro, uno dei più umili di quella nobile schiera: il vecchio cimatore di panni Antonio Primaldo (o Grimaldo) Pezzulla.
"In persona di tutti (a nome di tutti) rispose che essi tenevano Gesù Cristo per Gesù figlio di Dio e loro Signore e vero Dio e che più presto volevano mille volte morire piuttosto che rinnegarlo e farsi Turchi e credere ad un rinnegato dannato et inimico di Cristo. E voltatosi ai Cristiani disse queste parole:
-Fratelli miei, sino ad oggi abbiamo combattuto per defensione della Patria e per salvare la vita e per li Signori nostri temporali, ora è tempo che combattiamo per salvare l'anime nostre per il nostro Signore, il quale essendo morto per noi in Croce, conviene che noi moriamo per esso, stando saldi e costanti nella Fede e con questa morte temporale guadagneremo la vita eterna e la corona del martirio".
Un coro fece eco alle parole dell'invitto campione:
-Piuttosto mille volte morire con qual si voglia sorte di morte che rinnegar Cristo.
Il Pascià, indignatosi, ordinò che tutti fossero decollati e che il primo fosse Antonio Primaldo che aveva parlato e li aveva persuasi.
Era il 14 Agosto, giorno di Lunedì, quando gli 800, con le mani legate sul nudo dorso, a gruppi di cinquanta, furono condotti sul colle della Minerva, lontano dalla città circa 300.
Racconta il cronista che: "quando andavano così legati, una giovane era anco portata da certi Turchi e vedendo due suoi fratelli così legati che andavano coll'altri disse:
-O fratelli miei, dove andate?
Rispose uno: Andiamo a morire per amor di Gesù Cristo.
In queste parole cascò in agonia e tramortita in terra detta giovane e volendo un Turco farla levare, gli diè colla scimitarra un colpo sul capo e l'ammazzò".
Arrivati al luogo destinato, gli Ottocento salirono sul colle della Minerva, e qui, un Turco, presentando alli Cristiani legati una tavoletta scritta con certi caratteri Turcheschi, diceva loro: Chi vuol credere qua, li sarà salva la vita, altrimenti sarà ucciso.
Neppure uno indietreggiò dinanzi al terribile dilemma e secondo il cronista si assistette a scene bellissime: i figli imploravano la benedizione dai genitori, i genitori incoraggiavano i figli ad affrontare la morte; si baciavano, si abbracciavano e, contenti come se andassero ad una festa, si salutavano: Arrivederci in Paradiso.
Cominciò, così, la carneficina: il primo a cui fu troncato il capo, fu Antonio Primaldo.
"Essendogli tagliato il capo, stette saldo e dritto senza cascar mai in terra, come una colonna, non ostante che li Turchi lo spingevano per farlo cadere". Cadde "solo e da per sè" quando la scura ottomana staccò il capo all'ultimo degli Otrantini. Alla vista di questo miracolo, un Turco di nome Berlabei si convertì dicendo: Grande è il Dio dei Cristiani! Per questo fu impalato.
Il sangue dei martiri, scrive lo storico italo-greco De Ferraris, "tinse di rosso il mare". Le tenebre della notte caddero come sipario funebre sul silenzio della grande ora, mentre per i corpi benedetti, sparsi sul terreno, ebbe inizio la lunga attesa di oltre un anno quando la città fu liberata.

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