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Τετάρτη 13 Αυγούστου 2025

La “Meta-fisica” come malattia e come Festadi Christos Yannaras.


La “Meta-fisica” come malattia e come Festa
di Christos Yannaras

Festa della Madonna del 15 agosto – nelle nostre isole si augura «buona Panagia» (kalí Panagiá), espressione linguistica equivalente a «buona Pasqua» o «buon Natale».

Chi comprende l’inconciliabile differenza tra la Chiesa e la religione (comprensione che un tempo definiva la particolarità culturale del Greco) vede nel volto della Madonna la Theotókos: la donna che ha dato carne alla libertà di Dio rispetto alla sua stessa divinità, libertà di un amore appassionato e folle per la sua creatura – che Dio esista come uomo senza che venga annullata la radicale alterità della divinità. «Sono stati vinti i limiti della natura», canta la Chiesa per questa nascita di Dio da una donna, prima e unica nella storia identificazione della libertà con il Principio Causale dell’evento dell’essere.

Chi non comprende la differenza tra la Chiesa e la religione, cioè l’alienazione dell’evento ecclesiale quando viene religiosizzato (alienazione che ha definito la particolarità culturale dell’Occidente post-romano), vede nel volto della Madonna soprattutto la «Vergine» (the Virgin, la Vierge). Vuole esorcizzare la primitiva paura colpevole della sessualità. Una paura che ancora imprigiona la donna nel burqa, a guardare di nascosto il mondo, invisibile come genere; la stessa paura che negli ambienti religiosi vuole nascondere o cancellare la grazia femminile, soprattutto i capelli (perché proprio i capelli?), fino a rasarli, come fanno i fanatici ebrei con le loro donne. La sacralizzazione della verginità biologica –quasi una venerazione– nasce dalla religione naturale, dall’istinto cieco di blindare l’io contro la paura dell’ignoto trascendente.

La Chiesa nasce da una chiamata (lo dice la stessa parola) a partecipare a relazioni di comunione, di coesistenza. «Chiamata» e «relazione» sono pressoché la definizione stessa della libertà. Ma la libertà, gli uomini raramente nella storia l’hanno sopportata come principio di una forma comune di vita – è un esercizio arduo, che richiede di superare l’ego, di rischiare l’utile per amore della verità.

Così anche la Chiesa non si è mai definita come traguardo compiuto, ma si è raffigurata fin dalle origini come un campo con grano sì, ma anche con «zizzania»: insieme alla Chiesa coesiste sempre, come sintomo o tendenza, la sua religiosizzazione – come nella maternità si nasconde sempre il rischio dell’autoritarismo egoistico, o nell’amore eros può mascherarsi l’interesse della sola gratificazione.

Quando la vita ecclesiale si religiosizza, viene alienata del tutto: la testimonianza dell’esperienza ecclesiale, il Vangelo, viene interpretata come ideologia; la fede come convinzione individuale; la morale come merito personale ricompensabile. Allora riemerge anche la primitiva paura colpevole della sessualità: la Madonna interessa (e viene onorata) non perché ha incarnato il Senza-carne e ha contenuto l’Incontenibile, ma perché è rimasta «vergine anche dopo il parto». Ha preservato la verginità biologica, che interessa infinitamente più della maternità.

Nel monachesimo ecclesiale, l’Athos è considerato il «Giardino della Madonna», la verginità è salto di assoluta offerta amorosa, culmine della libertà dell’amore. Nel monachesimo religiosizzato, l’atleta erotico della verginità si degrada in obbligo giuridico di «celibato»…

Non a caso l’esperienza della Chiesa ha istituito la via monastica come condizione della verginità ascetica.

La stessa esperienza ecclesiale loda la Madonna come «madre della vita». Di quella vita che è libertà dalla malattia, dalla corruzione, dall’inaridimento. E che trova il suo culmine nella Festa.

Foto: Michael Vakaros

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